dal CORRIERE DELLA SERA.it del 13 novembre 2013
A Caracalla, un angolo di Oriente
nel giardino segreto ceramiche e bonsai
Corsi di «raku» e cura del verde in miniatura
nei Vivai Le Mura. E c’è anche la lezione
sull’arte dell’ikebana
http://roma.corriere.it/roma/notizie/tempo_libero/13_novembre_30/a-caracalla-angolo-oriente-giardino-segreto-ceramiche-bonsai-19c18a18-59d0-11e3-9117-a8a2b0420a9e.shtmlcon Terraforma Scuola D'arte Ceramica e Vivai Le Mura di Giuseppe Marrocco
Vivai le Mura, addobbare i bonsai
come alberi di Natale
Nel Giardino d'Oriente dietro Caracalla anche laboratori, mostre di ceramiche e percorso per i non vedenti
ROMA - Un alternativa al classico albero di Natale? Addobbare un bonsai potrebbe essere un passatempo divertente. Fino al 24 dicembre ai Vivai Le Mura (un angolo verde alle spalle delle Terme di Caracalla) si potrà realizzare il proprio alberello in miniatura seguendo l’antica arte giapponese. Sono in programma laboratori con dimostrazioni pratiche dei diversi tipi di lavorazione e prove pratiche.
MOSTRA DI CERAMICA – Insieme ai laboratori, i visitatori del vivaio potranno ammirare una mostra di ceramiche e ikebana. L’esposizione è dedicata a opere scultoree e a manufatti in terracotta, gres, porcellana e paperclay. Un’altra sezione, invece, raccoglie alcune composizioni Ikebana (arte giapponese della disposizione di fiori recisi) e di bonsai. Nel parco del vivaio, infatti, è stato realizzato un vero e proprio Giardino d'Oriente che ha ospitato numerose manifestazioni artistiche e naturalistiche, mostre nazionali ed internazionali di bonsai.
GIARDINO SENSORIALE - Dopo la mostra, i visitatori potranno fare un giro nel giardino sensoriale per non vedenti allestito nel vivaio dal maggio 2006, grazie alla collaborazione attiva dei non vedenti e ipovedenti che frequentano i corsi di ceramica e giardinaggio. Vivai Le Mura rappresenta un’oasi verde nel caos ella città. La struttura fondata nel 1978, si estende oggi su una superficie di oltre 14.000 metri quadri e accoglie oltre 700 specie di piante mediterranee. Oltre il 90 percento del vivaio è adibito a parco dove poter passeggiare.
C. De L.
17 dicembre 2009
Corriere della Sera > roma > Vivai le Mura, addobbare i bonsai come alberi di Natale
ARTE GIAPPONESE
NEL VIVAIO POESIA DEI SENSI
Repubblica — 13 luglio 2006 pagina 11 sezione: ROMA
Stretta e fiancheggiata da un lungo muro consumato dal tempo, via di Santa Balbina è un frammento del passato di Roma arrivato perfettamente indenne fino ai nostri giorni, una specie di incantevole e ombroso fossile urbano. E' il tipico scorcio di Roma che faceva impazzire i turisti più raffinati, stile Henry James, ai tempi in cui da queste parti, tra le terme di Caracalla e la cerchia delle mura aureliane, si andava a passeggiare a cavallo. I muri nascondevano i filari delle vigne, le piccole osterie con le loro pergole fiorite, chiese e conventi perpetuamente immersi nella loro bolla di silenzio. Ancora oggi, percorrendo le poche strade pubbliche, è facile essere frustrati dalla curiosità, perché non sempre è possibile capire quali mondi segreti si aprano al di là delle mura e dei cancelli. I punti di riferimento, all' ingrosso, sono chiari, ma bisognerebbe essere un uccello per farsi un' idea veramente esatta della zona. Per quanto mi riguarda, se fossi un uccello in volo da queste parti e in fuga dal chiasso terrorizzante della Cristoforo Colombo, planerei per riposarmi sulla folta macchia dei boschetti di bambù del vivaio «Le Mura», il cui cancello si apre proprio all' inizio di via di Santa Balbina. Se non si ha la fortuna di possedere delle ali, però, per visitare il vivaio basta suonare il citofono. E non c' è nemmeno bisogno, per essere indotti alla visita, di possedere il famoso pollice verde, perché questo posto, aperto nel 1978 da Giuseppe Marrocco, è davvero un speciale: un frammento di utopia in forma di vivaio. QUI RISPETTIAMO LA NATURA, avverte un vecchio e ormai stinto cartello vicino all' entrata, NO VELENI DISERBANTI PESTICIDI. «Quando ho iniziato», ci confida Giuseppe, questi non erano temi conosciuti come oggi. Ma avevo degli amici che lavoravano nel settore chimico, morti di malattie gravissime». Mentre contempliamo un bellissimo sorbo, con le sue bacche ancora acerbe, ci raggiunge anche Nicoletta Sauve, che si occupa del laboratorio di ceramica funzionante all' interno del vivaio, frequentato da molti non vedenti. E' con il loro aiuto che è stata realizzata un' invenzione semplice e geniale: un itinerario attrezzato e dotato di targhette in braille che permette una visita completa del vivaio. Un lungo corrimano di bambù fiancheggia a questo scopo i viali di ghiaia che attraversano gli spazi coltivati, a volte attraversati da galline e conigli lasciati liberi, «proprio come in campagna». La varietà delle piante esalta le capacità degli altri sensi che si sostituiscono alla vista che manca: l' olfatto, il tatto, l' udito. Al termine dell' itinerario, si accede, superata una staccionata, al «Giardino Orientale», dove attorno a un laghetto fanno mostra di sé decine di bonsai, una sorta di foresta in miniatura con esemplari da fare invidia anche alle più ricche collezioni giapponesi. Accanto al laboratorio di ceramica, quello dove si insegna la creazione e la coltivazione dei bonsai è l' altro punto forte delle attività del vivaio, ed anche in questo caso sono stati coinvolti molti non vedenti. E' in questo luogo di pace assoluta, che suggerisce almeno un' idea di frescura anche nella calura di luglio, che ci accomodiamo a discutere, con Giuseppe e Nicoletta, delle ombre che gravano sul futuro del vivaio. Non le ombre dei pini che danno sollievo nella calura: stavolta si tratta di tristi e minacciose ombre burocratiche, che si sono allungate, implacabili, fino all' esito di uno sfratto esecutivo, che sul calendario porta la data di oggi, 13 luglio 2006. «Ma da qui», assicura Giuseppe, «mi potranno portare via solo con la forza». E' un lungo contenzioso, quello che oppone il vivaio all' Istituto Santa Margherita, un ente di beneficenza che si occupa di anziani, e che a sua volta dipende dalla Regione. La battaglia dura ormai dal 1993 e Giuseppe, che ha sempre pagato regolarmente l' affitto, ha solo da rimproverarsi qualche svista burocratica. «Ma io sono un coltivatore, e lavoro qui al vivaio dalle cinque di mattina alle otto di sera, da quasi trent' anni. Non si può pretendere che una persona che fa il suo lavoro poi sappia fare anche l' avvocato!». Fatto sta, che di carta bollata in carta bollata, si è arrivati a questo punto, senza che a Giuseppe sia stato permesso una sola volta incontrare a quattr' occhi la sua controparte, per cercare un compromesso e spiegare le sue ragioni. «E poi», aggiunge, «cosa significa sfrattare un' attività come questa ? Con tutti i vincoli che esistono in questa zona di Roma, non so nemmeno immaginare un uso migliore per questo terreno. Il quale non è mio, certo, ma tutto quello che ci ho piantato sopra ? Dove e come posso trasferirlo ?!?». A volte, mentre riprendiamo a passeggiare per il vivaio, la passione per le piante riprende il sopravvento, spazzando via le preoccupazioni legali e il brutto presentimento che tutto ciò che vediamo abbia le ore contate. Giuseppe ci mostra gli innesti che ha fatto su un fico selvatico, ottenendo una varietà di frutti ormai sparita da moltissimo tempo dalla circolazione, e dotata di un lunghissimo picciolo. Era questa la varietà di fichi preferita dagli antichi romani, come si sa espertissimi di raffinatezza alimentare. In una gabbia lì vicino, una nidiata di pulcini sta al riparo dal sole e soprattutto dagli artigli dei falchi, che calano in cerca di preda sul vivaio, che anche dal punto di vista della catena alimentare non ha niente di diverso da un pezzo di campagna vero e proprio. In una bacheca vicino all' entrata del «Giardino orientale», leggiamo qualche ritaglio di giornale che documenta varie fasi della lotta per la sopravvivenza del vivaio. Molti sono stati nel corso del tempo gli attestati di solidarietà e le offerte di aiuto, ma un cartello appeso vicino ai ritagli di giornali porta stampata la fatidica data dello sfratto, 13 07 2006, è avverte che la situazione è peggiorata. Mentre ci avviamo verso l' uscita, io mi metto a frugare nei miei confusi ed incerti ricordi di mitologia. Dovrà pur esistere, nel ricchissimo e variegato pantheon degli antichi romani, un dio protettore dei vivai, un dio campestre forse non di primo rango, ma capace di stornare le minacce che incombono su un luogo come questo. E se un dio del genere non è mai esistito, o è andato in pensione da troppo tempo, c' è solo da sperare che la buona volontà umana eviti a tutte queste piante ed alberi e ai loro custodi di fare le valige per chissà dove. - EMANUELE TREVI
da Repubblica — 13 luglio 2006 pagina 11 sezione: ROMA
Testa Silvia
17 dicembre 2009
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ARTE GIAPPONESE
NEL VIVAIO POESIA DEI SENSI
Repubblica — 13 luglio 2006 pagina 11 sezione: ROMA
Stretta e fiancheggiata da un lungo muro consumato dal tempo, via di Santa Balbina è un frammento del passato di Roma arrivato perfettamente indenne fino ai nostri giorni, una specie di incantevole e ombroso fossile urbano. E' il tipico scorcio di Roma che faceva impazzire i turisti più raffinati, stile Henry James, ai tempi in cui da queste parti, tra le terme di Caracalla e la cerchia delle mura aureliane, si andava a passeggiare a cavallo. I muri nascondevano i filari delle vigne, le piccole osterie con le loro pergole fiorite, chiese e conventi perpetuamente immersi nella loro bolla di silenzio. Ancora oggi, percorrendo le poche strade pubbliche, è facile essere frustrati dalla curiosità, perché non sempre è possibile capire quali mondi segreti si aprano al di là delle mura e dei cancelli. I punti di riferimento, all' ingrosso, sono chiari, ma bisognerebbe essere un uccello per farsi un' idea veramente esatta della zona. Per quanto mi riguarda, se fossi un uccello in volo da queste parti e in fuga dal chiasso terrorizzante della Cristoforo Colombo, planerei per riposarmi sulla folta macchia dei boschetti di bambù del vivaio «Le Mura», il cui cancello si apre proprio all' inizio di via di Santa Balbina. Se non si ha la fortuna di possedere delle ali, però, per visitare il vivaio basta suonare il citofono. E non c' è nemmeno bisogno, per essere indotti alla visita, di possedere il famoso pollice verde, perché questo posto, aperto nel 1978 da Giuseppe Marrocco, è davvero un speciale: un frammento di utopia in forma di vivaio. QUI RISPETTIAMO LA NATURA, avverte un vecchio e ormai stinto cartello vicino all' entrata, NO VELENI DISERBANTI PESTICIDI. «Quando ho iniziato», ci confida Giuseppe, questi non erano temi conosciuti come oggi. Ma avevo degli amici che lavoravano nel settore chimico, morti di malattie gravissime». Mentre contempliamo un bellissimo sorbo, con le sue bacche ancora acerbe, ci raggiunge anche Nicoletta Sauve, che si occupa del laboratorio di ceramica funzionante all' interno del vivaio, frequentato da molti non vedenti. E' con il loro aiuto che è stata realizzata un' invenzione semplice e geniale: un itinerario attrezzato e dotato di targhette in braille che permette una visita completa del vivaio. Un lungo corrimano di bambù fiancheggia a questo scopo i viali di ghiaia che attraversano gli spazi coltivati, a volte attraversati da galline e conigli lasciati liberi, «proprio come in campagna». La varietà delle piante esalta le capacità degli altri sensi che si sostituiscono alla vista che manca: l' olfatto, il tatto, l' udito. Al termine dell' itinerario, si accede, superata una staccionata, al «Giardino Orientale», dove attorno a un laghetto fanno mostra di sé decine di bonsai, una sorta di foresta in miniatura con esemplari da fare invidia anche alle più ricche collezioni giapponesi. Accanto al laboratorio di ceramica, quello dove si insegna la creazione e la coltivazione dei bonsai è l' altro punto forte delle attività del vivaio, ed anche in questo caso sono stati coinvolti molti non vedenti. E' in questo luogo di pace assoluta, che suggerisce almeno un' idea di frescura anche nella calura di luglio, che ci accomodiamo a discutere, con Giuseppe e Nicoletta, delle ombre che gravano sul futuro del vivaio. Non le ombre dei pini che danno sollievo nella calura: stavolta si tratta di tristi e minacciose ombre burocratiche, che si sono allungate, implacabili, fino all' esito di uno sfratto esecutivo, che sul calendario porta la data di oggi, 13 luglio 2006. «Ma da qui», assicura Giuseppe, «mi potranno portare via solo con la forza». E' un lungo contenzioso, quello che oppone il vivaio all' Istituto Santa Margherita, un ente di beneficenza che si occupa di anziani, e che a sua volta dipende dalla Regione. La battaglia dura ormai dal 1993 e Giuseppe, che ha sempre pagato regolarmente l' affitto, ha solo da rimproverarsi qualche svista burocratica. «Ma io sono un coltivatore, e lavoro qui al vivaio dalle cinque di mattina alle otto di sera, da quasi trent' anni. Non si può pretendere che una persona che fa il suo lavoro poi sappia fare anche l' avvocato!». Fatto sta, che di carta bollata in carta bollata, si è arrivati a questo punto, senza che a Giuseppe sia stato permesso una sola volta incontrare a quattr' occhi la sua controparte, per cercare un compromesso e spiegare le sue ragioni. «E poi», aggiunge, «cosa significa sfrattare un' attività come questa ? Con tutti i vincoli che esistono in questa zona di Roma, non so nemmeno immaginare un uso migliore per questo terreno. Il quale non è mio, certo, ma tutto quello che ci ho piantato sopra ? Dove e come posso trasferirlo ?!?». A volte, mentre riprendiamo a passeggiare per il vivaio, la passione per le piante riprende il sopravvento, spazzando via le preoccupazioni legali e il brutto presentimento che tutto ciò che vediamo abbia le ore contate. Giuseppe ci mostra gli innesti che ha fatto su un fico selvatico, ottenendo una varietà di frutti ormai sparita da moltissimo tempo dalla circolazione, e dotata di un lunghissimo picciolo. Era questa la varietà di fichi preferita dagli antichi romani, come si sa espertissimi di raffinatezza alimentare. In una gabbia lì vicino, una nidiata di pulcini sta al riparo dal sole e soprattutto dagli artigli dei falchi, che calano in cerca di preda sul vivaio, che anche dal punto di vista della catena alimentare non ha niente di diverso da un pezzo di campagna vero e proprio. In una bacheca vicino all' entrata del «Giardino orientale», leggiamo qualche ritaglio di giornale che documenta varie fasi della lotta per la sopravvivenza del vivaio. Molti sono stati nel corso del tempo gli attestati di solidarietà e le offerte di aiuto, ma un cartello appeso vicino ai ritagli di giornali porta stampata la fatidica data dello sfratto, 13 07 2006, è avverte che la situazione è peggiorata. Mentre ci avviamo verso l' uscita, io mi metto a frugare nei miei confusi ed incerti ricordi di mitologia. Dovrà pur esistere, nel ricchissimo e variegato pantheon degli antichi romani, un dio protettore dei vivai, un dio campestre forse non di primo rango, ma capace di stornare le minacce che incombono su un luogo come questo. E se un dio del genere non è mai esistito, o è andato in pensione da troppo tempo, c' è solo da sperare che la buona volontà umana eviti a tutte queste piante ed alberi e ai loro custodi di fare le valige per chissà dove. - EMANUELE TREVI
da Repubblica — 13 luglio 2006 pagina 11 sezione: ROMA
WEEKEND
La natura in quattro sensi per centinaia di non vedenti
È un viaggio in un bosco mediterraneo in miniatura e alberi in scala naturale, tutto all' interno di parco nascosto a due passi dalla Terme di Caracalla. Un viaggio da assaporare con più sensi perchè costruito per chi un senso non lo può usare: non vedenti e ipovedenti. Si chiama «Naturalmente» la manifestazione che domani e domenica si tiene dietro Caracalla, al Vivaio Le Mura. Evento clou sarà l' inaugurazione del percorso sensoriale per non vedenti nato nel 2002 ma ampliato di recente. Si tratta di un sentiero che conduce tra alberi in miniatura illustrati da tabelle in ceramica e pannelli informativi scritti in braille. Tutto realizzato con materiale eco-compatibile dai non vedenti che frequentano presso il Vivaio la scuola di giardinaggio e il laboratorio di ceramica dell' associazione TerraForma. Il percorso nasce con l' esigenza di mostrare a chi «guarda» con le mani le diverse caratteristiche delle specie arboree, per capire le proporzioni tra chioma, tronco e radici e saperle riconoscere in natura. Il percorso circolare quindi si snoda all' interno di un parco con 700 specie di piante mediterranee e abitati da pavoni, ricci, pappagalli, conigli, galli cedroni, pesci e rane. Per ipo e non vedenti è un' occasione per immergersi nella natura utilizzando tutti i sensi. La rassegna dovrebbe coinvolgere alcune centinaia di non vedenti riuniti in almeno una decina di associazioni; ad assisterli ci saranno vari gruppi di boys scouts. Basta seguire il corrimano di bambù e c' è tutto un mondo da scoprire che va dalle piante in miniatura con boschetti di aceri, tigli, querce e poi si potranno cercare le stesse specie a grandezza naturale nel parco. Il sentiero è lungo 700 metri circa e i non vedenti possono raggiungerlo autonomamente dal parcheggio. Nel weekend apre ai visitatori il Giardino d' Oriente dedicato ai bonsai del vivaio e a quelli portati per l' occasione dall' associazione «Bonsai e non solo», in mostra anche le creazioni in ceramica, realizzate dagli allievi del corso, e acquerelli ispirati sempre al mondo floreale e per gli appassionati d' antiquariato, una mostra di moto d' epoca. Silvia Testa NATURALMENTE - Percorso sensoriale per non vedenti e ipovedenti, al Vivaio Le Mura, via di Santa Balbina 10, sabato e domenica 10.30-18, ingresso gratuitoTesta Silvia
Pagina 16
(12 maggio 2006) - Corriere della Sera
(12 maggio 2006) - Corriere della Sera
L' ALTRA ATTIVITÀ
E a lezione di ceramica creano i cartelli in braille
«Le piastrelle in ceramica del percorso botanico le abbiamo fatte noi» rivela orgogliosa Franca Bernardi, mentre modella alcune foglie di ciliegio con l' impasto grigio. Sul tavolo da lavoro, a portata di mano, c' è il modello vero da emulare che di tanto in tanto sfiora. A portata di mano perchè gli allievi del corso di ceramica di Nicoletta Sauve, da cinque anni, sono tutti non vedenti dell' Unione Italiana Ciechi. Tre lezioni a settimana di tre ore ciascuno per modellare, creare, liberare la fantasia con la creta: «Insegno anche la lavorazione del gesso e la pittura, che per loro è particolarmente difficile - spiega Nicoletta Sauve - ma alcuni allievi riescono persino ad usare gli "ingobbi", cioè colori da preparare miscelando le polveri». C' è perfino chi si diverte molto «a modellare piccoli gruppi di personaggi, volti o animali», come confessa Franca: «ho quasi finito un caimano da mettere nel laghetto, qui in giardino». Sul fondo della sala sono esposte alcune creazioni. «La soddisfazione più grande? - aggiunge Rossella - fare cose che i vedenti pensano non siamo in grado di fare».
Testa Silvia
Pagina 17
(28 aprile 2006) - Corriere della Sera
(28 aprile 2006) - Corriere della Sera